POMPEII

POMPEII THEATRUM MUNDI 2024

un progetto del Teatro di Napoli – Teatro Nazionale e del Parco Archeologico di Pompei dal 13 giugno al 13 luglio 2024 al Teatro Grande del Sito di Pompei. Dalla ODISSEA CANCELLATA di Emilio Isgrò con la regia di Giorgio Sangati su installazione scenica “in situ” di Emilio Isgrò
al DE RERUM NATURA di Fabio Pisano con la regia di Davide Iodice a EDIPO RE di Sofocle con la regia di Andrea De Rosa a FEDRA, Ippolito portatore di corona di Euripide con la regia Paul Curran il prestigioso programma di testi classici che tra il 13 giugno e il 13 luglio 2024 verrà presentato al pubblico in 12 sere d’estate in uno dei luoghi più belli al mondo

Il Teatro di Napoli-Teatro Nazionale diretto da Roberto Andò e il Parco Archeologico di Pompei diretto da Gabriel Zuchtriegel presentano la nuova, settima edizione della rassegna POMPEII THEATRUM MUNDI, realizzata con il sostegno del Ministero della Cultura, del Comune di Napoli, della Regione Campania, della Città Metropolitana di Napoli.

La nuova edizione della rassegna, ormai tra le maggiori e più attese dell’estate italiana dei festival, prenderà il via il 13 giugno 2024 presentando al Teatro Grande del Parco archeologico fino al 13 luglio quattro spettacoli a firma di importanti registi e artisti della scena nazionale e internazionale, ognuno replicato per tre sere, dal giovedì al sabato sempre alle ore 21.00, quando la magia della sera cala sul sito avvolgendo tutti in un’atmosfera di rara, incomparabile bellezza.

13/14/15 GIUGNO 2024 ORE 21.00


ODISSEA CANCELLATA
di Emilio Isgrò
regia Giorgio Sangati
con Luciano Roman
e Clara Bocchino, Francesca Cercola, Eleonora Fardella, Francesca Fedeli, Gianluigi Montagnaro, Antonio Turco
installazione scenica Emilio Isgrò
progettazione scenica Claudio Lucchesi
costumi Eleonora Rossi
disegno luci Luigi Biondi
musiche Giovanni Frison
cura del movimento Norman Quaglierini
aiuto regia Angela Carrano
assistente ai costumi tirocinante Beatrice Bongiovanni, allieva del Corso di Sartoria Teatrale dell’Accademia Teatro alla Scala

produzione Teatro di Napoli – Teatro Nazionale


La settima edizione della rassegna Pompeii Theatrum Mundi si apre con un omaggio a un grande artista, Emilio Isgrò, con lo spettacolo Odissea cancellata per la regia di Giorgio Sangati. Isgrò mette in scena la sua Odissea in versi insieme a un’installazione concepita in situ. Lo spettacolo è progettato come un’opera nell’opera: le gradinate del Teatro Grande si trasformeranno in una gigantesca video-installazione dell’artista-autore. Mentre i versi dell’Odissea impressi sulla pietra dei gradini verranno cancellati a vista, dalle cancellature stesse prenderà vita il testo. Di fatto la drammaturgia di Isgrò procede allo stesso modo: cancella Omero (tornando alla fonte primaria dell’epica) selezionando solo i frammenti che ritiene essenziali e, sradicandoli dal loro contesto, restituisce loro nuova e inaspettata forza. E’ una riscrittura dissacrante e incredibilmente ironica che rovescia ogni stereotipo sull’epopea a partire da Ulisse, antieroe multiforme, “scassato” e modernissimo, intrappolato in un viaggio senza fine né inizio. Non è possibile orientarsi, infatti, in questo “mare” dopo l’inganno di Eolo con il suo otre da cui sono fuoriusciti tutti i venti del mondo come i mali dal vaso di Pandora. E’ un pelago senza tempo, battuto da un vento “digitale” che estende i confini del mito fino al nostro tempo ed oltre a ricordarci che il classico non appartiene al passato quanto piuttosto al futuro.
Attorno al protagonista si agita un bizzarro e inquietante coro di “nani”, in cui non è difficile riconoscere un’umanità ridotta ai minimi termini. Di tanto in tanto fugaci apparizioni spettrali: Penelope, Nausica, Circe e Polifemo sotto forma di sogni, incubi o allucinazioni arrivano da lontano a visitare/torturare Ulisse, riscrivendo la loro storia, senza censure.
A tratti sembra di assistere a un processo, a un singolarissimo autodafé; ma non c’è né condanna né soluzione; non ci può essere perché saremmo noi stessi a doverci giudicare.
I versi di Isgrò, scritti nel 2003 nel mezzo di una guerra (e mai rappresentati), a distanza di vent’anni ci ricordano come continuiamo, tragicamente, a ripetere i nostri errori dalla notte dei tempi.

Un po’ di anni fa, quando scrissi l’Odissea cancellata, non sapevo come e quando quest’opera sarebbe stata rappresentata. Avevo concluso da tempo l’esperienza di Gibellina – proprio con quella Orestea di Gibellina che diede avvio alle grandi Orestiadi – e in qualche modo volevo sganciarmi da un modello teatrale che io stesso avevo creato grazie al sostegno di Ludovico Corrao, a quell’epoca sindaco della città, il quale credeva come me in un teatro capace di fare della parola umana l’asse portante dello spettacolo.
Conoscevo bene i rischi. Una certa opinione critica allineata, benché fortemente inserita nel clima delle neoavanguardie, considerava “reazionaria” la parola in nome di un teatro d’immagine o di gesto che allora imperversava di qua e di là dall’Oceano.
D’altra parte non ignoravo che l’aver tolto di mezzo preventivamente la parola con le mie cancellature mi proteggeva abbastanza da tale rischio. Ma c’era di più. Avendo operato per anni nel campo della poesia visiva, dove la coesistenza di più discipline e linguaggi liberava la parola dalla sua rigidità gutenberghiana, non mi sarebbe stato difficile far levitare quegli esperimenti fino al livello di un vero e proprio spettacolo.
Da un lato riconquistai la qualità letteraria del testo che a molti sembrava un limite ai ritmi del teatro. Come dire che la potenza della parola di Shakespeare sottrae vigore alla scena del balcone in Giulietta e Romeo, là dove ne esalta, invece, la forza schiettamente spettacolare. Solo per questo per l’Orestea e gli altri testi composti per Gibellina – Gibella del Martirio e San Rocco legge la lista dei miracoli e degli orrori – feci ricorso a una scrittura in versi che della letterarietà è uno dei segni più ostentati e visibili; e se a quel tempo schiere di attori esibivano sulla scena i loro corpi desolatamente muti e silenziosi, io a quei corpi diedi una voce, affinché la loro fisicità si rovesciasse sugli spettatori più facilmente.
L’Odissea cancellata viene da quella esperienza, quando, forte di un’ispirazione che veniva da Eschilo e dai tragici greci in genere, tentai di avvolgere in una nuvola sonora il pubblico.
La seconda provocazione era la speranza di spezzare con un linguaggio alto, comunque distante dal “teatro di poesia” novecentesco, il cosiddetto “teatro di prosa” che da Pirandello portava a Beckett.
Certo non è un caso che anche quest’opera sia composta in versi: per dare un sostegno più solido e vincolante agli attori, al regista e a tutti i creatori dello spettacolo. Allora sognavo un teatro diverso. Una drammaturgia che cancellasse il silenzio. Chissà se quella mia speranza ha avuto già una risposta o ancora l’aspetta. A un certo punto mi sono distratto dal teatro come in altri tempi mi ero distratto deliberatamente dalle arti visive. Tuttavia il mio amico Roberto Andò, direttore del Teatro Nazionale di Napoli, conosceva questa Odissea cancellata, il solo mio testo mai rappresentato. E mi ha sollecitato a tirarlo fuori per il Teatro Romano di Pompei. Un testo cancellato per un paese cancellato. Ma si sa che in latino due negazioni affermano, tramutando in vita la morte.


27/28/29 GIUGNO 2024 ore 21.00

DE RERUM NATURA
[There is no planet B]
liberamente ispirato al De Rerum Natura di Tito Lucrezio Caro
ideazione, adattamento e regia Davide Iodice
drammaturgia Fabio Pisano
scene maschere e pupazzi Tiziano Fario
costumi Daniela Salernitano
luci Loic Francois Hamelin
musiche originali Lino Cannavacciuolo
con (in o.a) Aida Talliente (La Natura/Prima Donna di Lesbo/Mamma Orsa), Ilaria Scarano (Seconda donna di Lesbo/Emilia), Carolina Cametti (Terza donna di Lesbo/La donna sull’albero), Teresa Battista (Venere), Greta Domenica Esposito (Ragazza), Sergio Del Prete (Ministro/Pacific Lumber), Wael Habib (Bracciante/altre figure), Giovanni Trono (Padrone/altre figure), Marco Palumbo (Striato, altre figure), Emilio Vacca (Protele, altre figure)
e con la partecipazione straordinaria di ORCHESTRÌA
[progetto speciale di musica inclusiva dell’associazione FORGAT ODV all’interno della Scuola Elementare del Teatro – Conservatorio Popolare per le arti della scena, a cura di Francesco Paolo Manna, Antonio Frajoli]
produzione Teatro di Napoli – Teatro Nazionale

questo spettacolo è dedicato alla memoria della Dott.ssa Annamaria Ciarallo, botanica.


Il regista Davide Iodice e il giovane drammaturgo Fabio Pisano tornano a collaborare insieme, dopo il successo di Hospes- Itis, con uno spettacolo liberamente ispirato al De Rerum Natura di Tito Lucrezio Caro prodotto dal Teatro di Napoli – Teatro Nazionale, in scena per la prima volta nella magnifica cornice del Teatro Grande di Pompei nel corso della settima edizione della rassegna estiva Pompeii Theatrum Mundi.

Note di regia
I temi del De Rerum, precipitano fragorosamente in questo tempo, e la voce di Lucrezio Caro mi pare sovrapporsi ora a quella di una ragazzina svedese diagnosticata come Asperger, inverarsi nella sua sensibilità dolorosa. La vicenda di Greta Thunberg, la sua emblematicità, non poteva non intersecare la mia storia personale e la mia progettualità pedagogica che da anni privilegia la disabilità intellettiva indagandone le possibilità. L’immagine portante consegnata a Fabio Pisano per il suo ordito di parole è stata dunque quella del celebre discorso pronunciato all’Onu da Greta sull’emergenza climatica.
A Greta hanno fatto seguito altre figure nelle cui vicende ho sentito riverberare i temi e le invettive del poeta latino: la giovane attivista italiana Giorgia Vasaperna, Julia “butterfly” Hill, le anziane e accudenti donne dell’isola di Lesbo, i minatori d’oro africani e i braccianti delle nostre terre infette. Sin da subito in questo materiale così eterogeneo, ha fatto capolino un ‘daemon’, uno spirito guida, il correlativo simbolico di questo sentimento di perdita credo, di natura ferita e in dissolvimento, ha fatto capolino un orso polare, uno di quegli orsi polari che alla fine di questo secolo secondo le stime non esisteranno più


4/5/6 LUGLIO 2024 ore 21.00 

EDIPO RE
di Sofocle
traduzione Fabrizio Sinisi
adattamento e regia Andrea De Rosa
con (in o.a.) Francesca Cutolo (coro), Francesca Della Monica (coro), Marco Foschi (Edipo), Roberto Latini (Tiresia), Frédérique Loliée (Giocasta), Fabio Pasquini (Creonte)
scene Daniele Spanò
luci Pasquale Mari
suono G.U.P. Alcaro
costumi Graziella Pepe (realizzati presso Laboratorio di Sartoria del PICCOLO TEATRO DI MILANO – TEATRO D’EUROPA)

produzione TPE – Teatro Piemonte Europa, Teatro di Napoli – Teatro Nazionale, LAC Lugano Arte e Cultura, Teatro Nazionale di Genova, Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale

Considerato uno dei testi teatrali più belli di tutti i tempi,

Edipo re

 di Sofocle rappresenta il simbolo universale dell’eterno dissidio tra libertà e necessità, tra colpa e fato. Arrivato al potere grazie alla sua capacità di “far luce attraverso le parole”, abilità che gli aveva permesso di sconfiggere la Sfinge che tormentava la città di Tebe, Edipo è costretto, attraverso una convulsa indagine retrospettiva, a scoprire che il suo passato è una lunga sequenza di orrori e delitti, fino a riconoscere la drammatica verità delle ultime, desolate parole del Coro: “Non dite mai di un uomo che è felice, finché non sia arrivato il suo ultimo giorno”.

In una città che non vediamo mai, un lamento arriva da lontano. È Tebe martoriata dalla peste. Un gruppo di persone non dorme da giorni. Come salvarsi? A chi rivolgersi per guarire la città che muore? Al centro della scena, al centro della città, al centro del teatro c’è lui, Edipo. Lui, che ha saputo illuminare l’enigma della Sfinge con la luce delle sue parole, si trova ora di fronte alla più difficile delle domande: chi ha ucciso Laio, il vecchio re di Tebe? La risposta che Edipo sta cercando è chiara fin dall’inizio, e tuona in due sole parole: “sei tu”. Ma Edipo non può ricevere una verità così grande, non la può vedere. Preferisce guardare da un’altra parte. Sarà la voce di Apollo, il dio nascosto, il dio obliquo, a guidarlo attraverso un’inchiesta in cui l’inquirente si rivelerà essere il colpevole. Presto si capirà che il medico che avrebbe dovuto guarire la città è la malattia. Perché è lui, Edipo, l’assassino e quindi la causa del contagio. La luce della verità è il dono del dio. Ma anche la sua maledizione.


La nuova regia di Andrea De Rosa, che torna per l’occasione a lavorare con Fabrizio Sinisi dopo la fortunata collaborazione sul testo di Processo Galileo, parte dalla storia di Edipo re che ruota attorno alla verità, proclamata, cercata e misconosciuta. “Il sapere è terribile, se non giova a chi sa.”


11/12/13 LUGLIO 2024 ore 21.00

FEDRA
Ippolito portatore di corona
di Euripide
traduzione Nicola Crocetti
regia Paul Curran
scene e costumi Gary Mc Cann
direzione del coro Francesca Della Monica
musiche Ernani Maletta
con (in ordine di apparizione) Ilaria Genatiempo (Afrodite), Riccardo Livermore (Ippolito), Sergio Mancinelli (Un servo), Gaia Aprea (Nutrice), Alessandra Salamida (Fedra), Alessandro Albertin (Teseo), Marcello Gravina (Messaggero), Giovanna Di Rauso (Artemide)
Corifei Simonetta Cartia, Elena Polic Greco, Giada Lo Russo, Maria Grazia Solano
Coro di donne di Trezene Alba Sofia Vella, Giulia Valentini, Miriam Scala, Valentina Corrao, Maddalena Serratore
Coro dei servi
musiche coro iniziale Matthew Barnes
video maker Leandro Summo
disegnatore luci Nicolas Bovey
con la partecipazione degli allievi e delle allieve dell’Accademia d’Arte del Dramma Antico, sezione Giusto Monaco

produzione INDA – Istituto Nazionale del Dramma Antico

Dopo il debutto a Siracusa a maggio arriva a Pompei, Fedra di Euripide con la regia di Paul Curran, regista scozzese di notorietà mondiale, celebre anche per le sue innovative interpretazioni di opere classiche.
L’antica narrazione di Fedra riecheggia con sorprendente attualità nel contesto odierno. Questa storia senza tempo fa luce sulle ansie contemporanee legate alla salute mentale e sui pericoli di ossessioni malsane e incontrollabili, per non parlare delle conseguenze delle reazioni emotivamente cieche. Il racconto serve come un toccante promemoria per esaminare se gli “dei” figurativi che influenzano le nostre vite sono paralleli ai nostri attuali stati mentali o se le nostre menti esercitano il potere di potenti divinità, guidandoci verso comportamenti impulsivi e pericolosi. Esplorando questa connessione tra mitologia antica e psicologia moderna, la storia di Fedra diventa uno specchio che riflette l’intricata relazione tra il nostro io interiore e le forze esterne che modellano le nostre azioni. Questa narrazione spinge all’introspezione, sfidandoci a decifrare la natura divina o distruttiva dei nostri pensieri e delle nostre emozioni nel complesso arazzo dell’esperienza umana.